Recensione di Giorgio Bonacini a. Il sogno e la sua infinitezza di Ninnj Di Stefano Busà

Ho letto le sue poesie “Il sogno e la sua infinitezza”, sono versi che danno voce e scrittura alle infinite possibilità di affondare con l’intuizione pensante, di cui solo la poesia è capace, in un mondo fisico, naturale, fatto di tutto ciò che c’è. Ma che non è ciò che normalmente appare, non è semplicemente un prendere su di sé, con i propri suoni, le proprie significazioni, una verità palpabile, naturalmente data. No, questa sua incursione dentro questa “bella d’erbe famiglia e d’animali” come scrive Foscolo, è propriamente un ri-percepirne l’essere e la memoria, in ogni “vocalizzo-parola” che prende musica e unisce i gesti che rendono concreto il dire.

Perché l’attraversamento del reale in scrittura di poesia non si dà così, spontaneamente, ma deve farsi carico dei ricordi posseduti dall’acqua, dalle rocce, dall’erba, dal respiro che ne coglie la dolcezza e dall’intelletto che ne struttura la forma e la sostanza.

E’ nel suo bellissimo inizio,“Non che io conosca la geometria dell’aria”, che ci dice, con tanta umiltà, l’impossibilità di conoscere totalmente una forma di senso (la geometria), essendo l’aria materia sensibilmente mobile, ma in ogni caso sa che una geometria c’è. E non l’abbandona. Infatti ritorna in una “geometria di sguardi” e in una “geometria del fango“.

E in fondo, allora, conoscere, vedere, toccare, come insetti: con necessità e con il poco che serve. Questa è la poesia: una conoscenza che ritorna si rinnova sempre, fedele a un sentimento intellettivo che“come lume /…/ristora la tenebra”.

 

Correggio, 29/02/2012                                                                                      Giorgio Bonacini

 

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