Il regalo di Natale.

 

Era buio pesto in quella strada di campagna in cui una donna si trascinava ansimando. I suoi vestiti strappati le cadevano addosso come brandelli di carne, insanguinati e sporchi. Il suo passo era  rallentato da una gamba dolorante portata dietro come una zavorra pesante. La donna si guardava spesso intorno, e non vedeva nulla, solo nero. E quel nero la rassicurava, perché la nascondeva alla vista del suo crudele aggressore. Continuava imperterrita a camminare nonostante il dolore che le annebbiava la mente, seguendo il ciglio di quella strada poco frequentata. Sentiva quel respiro che gracchiava l’aria fredda del tardo pomeriggio invernale e sapeva che era vicino, la stava seguendo, la stava cercando come un cane da caccia cerca la sua preda annusando il terreno. Lo sentiva ma non riusciva a vederlo. Si accorse dell’arrivo di un’automobile nella corsia opposta e di colpo si gettò nella sterpaglia al lato della strada per evitare di essere illuminata dai fari e trovata dall’energumeno sudicio e psicopatico che l’aveva picchiata poco dopo l’orario di fine lavoro, mentre si dirigeva alla pensilina in attesa del pullman che la riportava a casa.  Tornò di nuovo il buio e la donna mordendosi le labbra per il dolore e con l’affanno riprese la sua fuga, tra terrore e disperazione.

‘Dove sei? Non puoi fuggire?’ l’uomo gridò con la sua voce bassa e il respiro grosso, sbuffando nell’aria una nuvola di vapore.

La donna sobbalzò e aumentò il passo mentre la fatica si impossessava di lei e il timore di non farcela e di doversi abbandonare al suo destino si faceva sempre più reale. –Respiro, sono ancora viva, mio figlio, non posso lasciare mio figlio, devo stare con lui, non può finire, non può finire così- continuava a ripetersi come una cantilena nella mente mentre il respiro le si stava smorzando in gola.

Prese una decisione. Attraversare la strada e gettarsi nell’altra corsia per tentare di seminarlo. Non poteva continuare a camminare ancora per molto. Era dolorante e sanguinava. Doveva tentare. Decise di farlo all’improvviso, con la forza della disperazione iniziò ad attraversare quella stradina di campagna tentando di immaginare la distanza che la separava dall’altro lato che non riusciva a vedere, in quell’oceano nero. Camminava, camminava, sembrava un percorso infinito. All’improvviso inciampò e cadde e si rese conto di essere giunta alla sterpaglia dell’altro lato della strada. Ma poco dopo, mentre tentava di rialzarsi, passò un’automobile illuminandola con i suoi fari e l’uomo riuscì a vederla, mentre tentava di tirare su quelle membra stanche e piene di lividi.

 ‘Sei lì bastarda. Dove credi di andare?’

L’auto scomparve e la donna disperata sentì l’adrenalina bloccarle in battito. Era la fine. L’avrebbe uccisa e fatta a pezzi, quel pazzo sanguinario, macellaio senz’anima. Rimase ferma, immobile, in attesa della fine.

‘Sei qui, lo so che sei qui’ una voce roca le trapassò il timpano, quell’affanno le si fece vicino, quel respiro fetido le riempì il naso e le provocò un conato di vomito.

Una mano le agguantò il braccio, era finita, era finita, nei suoi occhi una sola immagine. Il suo bambino che l’aspettava, il suo bambino che piangeva disperato, che non avrebbe potuto più averla.

‘Muoviti, muoviti’ venne scossa e strattonata violentemente.

‘Mamma svegliati! E’ Natale, i regali!!’

Aprì gli occhi.

 Respirava a malapena, il suo cuore era in fibrillazione, non riusciva a parlare.

 Suo figlio era lì davanti.

‘Sono morta.’

‘Mamma, ma che dici, sei impazzita. Guarda… il mio videogames, è passato Babbo Natale, corri!!’

La donna mise a fuoco la sua casa, la sua famiglia, il suo albero, il suo letto.

Era solo un incubo. Un terribile incubo da dimenticare.

Mosse i suoi arti e si rese conto che erano intatti. Era viva. Era con suo figlio.

E capì d’un tratto la fortuna che aveva. Era il suo regalo di Natale.

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