– Non sono il tuo cane.
– Cosa sei?
– Il tuo piccolo figlio.
Mi riconosci quando soffri e sali al piano
a vedere se un affittuario non si è ucciso
col veleno, mi senti mentre ti sto in mezzo
ai piedi e faccio appello al diritto d’amore.
Ne ho il diritto? Ho atteso troppo e trascorso
dieci anni accanto a te. Adesso, se esci ho quasi
paura di essere qui per un accidente.
Ti chiudo la porta in faccia e non ti porto
le vecchie scarpe, troncando il bel discorso
da figlio a padre. Non sei felice davanti
alla tua carne, a tua moglie, la prima erede,
alla bottiglia? Come fare a fornirti
ciò di cui investire nuovamente qui da noi?
Ti basterebbe muovere un solo dito
per vederci tutti esplodere. Ti seguiremo
ovunque andrai, chiediamo solo poca cosa:
essere ammessi in nome tuo e della causa.
Fabrizio Bajec – Entrare nel vuoto – con-fine edizioni 2011