Un tombolino all’isola d’Elba

Innanzitutto ciao a tutti. Dopo l’esperienza del viaggio in America, torno da un’esperienza più breve e tranquilla, ma anche questa molto piacevole. Infatti quest’estate sono stato all’ Isola d’Erba con Zia Tetta e Zio Stefano.

Prima di cominciare il racconto mi sembra giusto dire due parole sui protagonisti di questo viaggio.

Cominciamo ovviamente da me:

IO: cioè Tommaso, detto Tommy, detto anche Tombolino. A detta di tutti, bambino molto bello e simpatico, ho quasi sette anni, sto per cominciare la Seconda Elementare, ma già conosco l’inglese, la scala di DO e la formazione dell’Italia. Inoltre guido il trattore, so riconoscere le piante delle zucchine e il rumore della Ducati. Come se non bastasse, ho imparato a badare ai miei zii.

 

 

ZIA TETTA: Zia di grande spessore, ma non perché ultimamente è un po’ ingrassata. Materna, ma anche “collega” in molti giochi che facciamo, dove credo che si diverta anche più di me. Pregi: la dolcezza, i regali, le patatine fritte e il motorino. Difetti: frequente astrazione dalla realtà dovuta forse  ad influssi lunari. Disordinata, ma solo in alcune situazioni (quelle che danno più fastidio a zio).

 

ZIO STEFANO: Narratore di favole dal notevole effetto soporifero(lui non ha ancora capito se questa è una cosa positiva o meno…). Nemico del Grande Raccordo Anulare su cui spesso si perde. Nonostante gli scherzi che fa a Zia Tetta e agli altri, mi sembra una persona seria…

Questi tre personaggi in cerca d’autore, anzi d’ombrellone, si ritrovano insieme in questa avventura estiva quasi per caso. Infatti una sera di fine luglio, a casa mia, mamma Vanessa e papà Elio si stavano come al solito arrovellando sui depliant che mamma aveva portato a casa in quantità industriale. Il nodo era sulla scelta della località in cui portare in vacanza Lavinia, la mia nuova sorellina (nuova si fa per dire, infatti ha già compiuto due anni). Mare o Montagna? Farà freddo o farà caldo? Meglio il clima umido o quello asciutto per la tosse che infastidisce la piccola da qualche tempo? (l’importante per me è che se la portino via da qualche parte, perché questa tosse di notte infastidisce soprattutto me!). La prima o l’ultima settimana di Agosto? Troppa gente, rischio piogge? Insomma, come al solito non se ne veniva a capo. E qui entra in ballo, insieme al gelato che ci aveva portato, Zia Tetta che fa una proposta a dir poco sorprendente: “Perché non ci lasciate Tommaso che lo portiamo al mare con noi?” – esclama tra un cucchiaino di cioccolato ed una cialda.

Mamma e papà si guardano un momento e poi dicono contemporaneamente: “Però, buona idea! Perché no?”. Ed anche a me sembra una buonissima intuizione, tanto più che la vacanza che faranno sarà un Last…al limone, mi sembra…, all’Isola d’Erba (io me l’immagino bellissima con tantissimi prati, anche se zio Stefano ride sotto i baffi).

I miei cari zietti hanno deciso di partire all’ultimo momento, perché hanno avuto problemi con le ferie in ufficio. Ed allora hanno trovato un’occasione in questa famosa isola, in una camera con un letto in più. Quindi zia ha pensato che avrebbero potuto portarmi con loro senza problemi. Io sono contento, papà e mamma pure (e lo credo, così hanno solo una peste con cui combattere!)e quindi la cosa si può fare.

Partiamo di giovedì per un soggiorno di otto notti. Infatti la struttura che hanno trovato permette soluzioni diverse dai soliti “da sabato a sabato”, ed è quindi molto comoda. D’altronde, chiamandosi “Hotel Valleverde”, doveva essere comodo per forza…(battutina…). Gli zii mi passano a prendere alle otto e mezza di mattina, perché il traghetto (che io da piccolo chiamavo il “tramvetto”…)parte alle 12 e 40 e bisogna trovarsi un’ora e mezzo prima al porto di Piombino (ma che strani questi posti: prima l’isola dell’erba e adesso la città dove fanno i piombini per le pistole ad aria compressa…mah, che strana vacanza si prospetta…). Arriviamo nella città dei piombini con un po’ di anticipo ed un signore gentile ci dice in perfetto dialetto toscano: “Uè guagliò, trasite, facimm ampress!”. Ci imbarchiamo così sul traghetto che sta partendo alle 11 e 40, guadagnando così un’ora e, soprattutto, non rimanendo in coda sotto il sole per un sacco di tempo.

Il viaggio è breve, appena un’ora. E passa anche più in fretta perché ci divertiamo a vedere tre gabbiani che ci accompagnano nel nostro tragitto sul mare, volando e planando vicino a noi, in cerca di qualche briciola di pane. Un signore addirittura gli offrirà un gelato, restando però con lo stecco del Magnum in mano e con la faccia inebetita…

Approdiamo in un’altra città dal nome un po’ particolare e cioè “Portoferraio” (a questo punto sono sempre più convinto che da queste parti i nomi alle città vengono dati in base a quello che si trova sul posto. Qui mi sa proprio che si tratta del ferro).

In dieci minuti facciamo quasi tutto il tragitto che ci porta nel paese di “Procchio”, a dodici km da Portoferraio. Cominciamo a cercare il nostro Hotel a tre stelle “Valleverde” (la moda comoda, vi ricordo), situato in località “Spartana”.

Arrivati dopo due rampe di scale alla reception, veniamo accolti da una signora sorridente che, dopo aver chiesto i documenti (io ancora non ce l’ho, ma quando divento maggiorenne?), ci accompagna alla nostra camera. Nel frattempo zio Stefano prende i bagagli nell’auto che, su consiglio della signora sorridente, ha posteggiato in una strada vicino all’ingresso secondario dell’albergo, in modo da fare le scale in discesa (a quel pigrone di mio zio non sembra vero di faticare un po’ meno…). Quindi esploriamo quella che sarà la nostra dimora per i prossimi otto giorni. Il numero della stanza è “7B”. E già qui comincia il primo mistero. Perché 7B? Esiste allora una stanza n° 7 o 7A? In seguito scopriremo di no. Certo la stanza è un po’ piccola, ma è fresca perché è posizionata in un punto dove il sole non batte né di mattina né di pomeriggio (la signora della reception ci dice che questo è il pregio di questa stanza – sempre in seguito, scopriremo che è l’unico).

Il tempo di sistemare i bagagli e poi subito via verso la spiaggia. Usciti dall’albergo si percorre un sentiero all’ombra dei pini e in pochissimi minuti si arriva ala spiaggia di Spartaia. Qui il bagnino ci indica il nostro ombrellone e la nostra cabina e ci spiega che possiamo usufruire del bagno e delle docce e servirci al piccolo bar della spiaggia per le consumazioni. Sembra tutto molto ben organizzato e comodo. Certo, l’ombrellone che ci hanno assegnato è proprio in ultima fila ed in prossimità di bar, docce, bagni e cabine, quindi con un andirivieni di persone e di bambini che corrono, giocano e urlano (ma sono bambini, cos’altro potrebbero fare?). Subito zia Tetta chiede al gentile bagnino se, con le partenze di Sabato, può trovarci una sistemazione migliore. Il ragazzo risponde che non assicura niente, ma farà del suo meglio per accontentarci. Adesso è giunta l’ora del bagnetto, quindi mi appropinquo verso la riva, ma mi blocco subito perché vedo una quantità enorme di cose nere nell’acqua. Sono alghe, tante alghe. Il bagnino del nostro albergo si sta dando da fare per toglierle insieme al bagnino dell’albergo vicino (“Hotel Desireè” a 4 stelle, direttamente sulla spiaggia)e portarle con una carriola a motore in un punto un po’ fuori dalla spiaggia, dove c’è una montagnola di alghe raccolte e lì depositate in attesa che qualcuno le porti via. Il bagnino spiega a zio Stefano che il comune di Portoferraio per ritirarle e smaltire i rifiuti vuole un sacco di soldi e allora nessuno si prende la briga di portarle via e bruciarle da qualche parte (non mi sembra un sistema ottimale e, più che altro non vedo la soluzione, comunque…affari loro!).

Rimosse le alghe con fatica dai bravi bagnini, ci tuffiamo in acqua io, zia Tetta e zio Stefano ed i miei braccioli (ho scoperto che si chiamano anche alucce, facendo un cruciverba con zio). Dopo la doccia e le creme per il corpo di zia Tetta, ci avventuriamo al ristorante per la cena che, in queste sistemazioni di mezza pensione (ma che vuol dire, che se uno va alla posta gli danno la metà dei soldi perché sta in vacanza?)è sempre un’incognita.

Invece scopriremo giorno per giorno che la cucina non è affatto male, anche se la quantità di cibo che troviamo nel piatto è talmente esigua che alcune volte fa sorridere (ma forse è per questo che si chiama mezza pensione, perché da mangiare danno mezze porzioni…).

Il nostro tavolo è nella sala coperta, mentre ci sono tanti altri che mangiano all’aperto. Il Maitre (dicesi Maitre quell’uomo in giacca lunga e cravatta anche con 40 gradi all’ombra, tutto sudato, che, con modi estremamente gentili e professionali, prende le ordinazioni e consiglia i piatti migliori e i vini più costosi)ci spiega che la sistemazione al chiuso o in terrazza avviene con una formula “a rotazione”. In pratica ci si sposta di tavolo di giorno in giorno fino ad arrivare finalmente a mangiare all’aperto (un po’ come il Monopoli insomma).

La mattina seguente gli zii mi portano in una spiaggia bellissima chiamata “La Biodola”. Fatichiamo un po’ per trovare parcheggio, anche perché vediamo tantissime auto con una bella multa sopra per divieto di sosta. Zio Stefano riesce a parcheggiare lungo la strada proprio prima del divieto e, anche se non proprio tranquilli, ci avviamo alla spiaggia. Ci viene incontro un signore del luogo con l’accento toscano anche lui, che ci dice: “ Uè guagliò, vulit l’ombrellone, lettini e atre cos? Ve facc nu bello scunt: due lettini più l’ombrellone solo 12 euro. Facimm l’affare?” Noi, abituati ai ladri autorizzati degli stabilimenti del litorale romano, accettiamo subito e ci sistemiamo in spiaggia, dopo che il nostro bagnino “toscano” ci assicura che, visto che i vigili sono già passati ed hanno fatto le multe, ormai per oggi si può stare tranquilli. Zio Stefano gli dice che a Roma c’è un detto che dice: “Sai che fine ha fatto “Tranquillo”?, ma non essendoci alternativa ci andiamo a spalmare al sole. La Biodola è una delle spiagge più belle e più lunghe dell’isola e ci facciamo dei bellissimi bagni. Verso le 18 e 30 torniamo alla macchina e troviamo una sorpresina…una multa di 38 euro emessa da un vigile del comune di Portoferraio, che, a detta di zio, molto probabilmente se le spenderà tutte in medicine, lui, la mamma, la sorella, la moglie e tante altre donne che però non ho capito bene che lavoro facciano. Ci spiegano alcuni villeggianti che il comune con tutte queste multe riempie le tasche municipali (però, secondo me, scoraggia anche ad andare nelle sue spiaggie, come infatti noi consiglieremo a tutti. Dopo cinque o seicento parolacce, zio mette in moto e ci avviamo verso la doccia.

Certo la stanzetta che ci hanno dato sarà pure fresca, ma non possiamo neanche aprire la finestra perché siamo di fronte alla reception e passano in continuazione le persone che alloggiano nell’albergo. Zia Tetta dice allora che forse è per questo motivo che è l’unico albergo che aveva ancora posto…dovevano affibbiare a qualcuno la famigerata “7B”!

Dopo cena (abbiamo già guadagnato due posizioni verso la terrazza all’aperto nel nostro personale Monopoli alimentare) gli zii mi portano a prendere il gelato a “Porto Azzurro”, una località dell’isola molto frequentata, soprattutto dai giovani. Anche qui giriamo un bel po’ per trovare parcheggio, perché stasera c’è il concerto di Daniele Silvestri, quello che cantava “Salirò” in quel video divertentissimo con quell’attore che ballava con lui in maniera molto buffa.

Dopo la passeggiata per i negozietti di Porto Azzurro, torniamo in albergo. Un’altra cosa positiva del Valleverde sono i parcheggi. Infatti ne possiede ben due coperti e chiusi uno da un cancello e l’altro da una sbarra, dove, per entrare, bisogna digitare un codice che ti forniscono in albergo. Vi lascio immaginare che quella di digitare il codice ogni volta che entreremo od usciremo dal parcheggio, sarà una delle mie occupazioni preferite.

La mattina dopo ci svegliamo molto presto perché la posizione della nostra stanza risente del vociare e dello strillare degli adulti e dei bambini super mattinieri che passano davanti alla nostra finestra. Soprattutto risentiamo di una nostra vicina, tale Margherita, bimba innocente di un anno, martirizzata da una mamma a dir poco petulante ed ossessiva. Ogni passo della piccola è una raccomandazione a non farsi male o a prendere o a non toccare qualcosa, ma tutto questo urlato con una voce da gallina, che neanche la Sandra Milo dei tempi migliori! “Margheritaaaaa, Marghiiii, ehiiiiiiiii, ecc., ecc., a squarciagola, mettendo a dura prova i nostri nervi e le nostre orecchie (ma come farà il marito, boh?). Dopo il terzo giorno, quando alle sei di mattina la mamma di Margherita si esibisce in canzoni terribili e nenie paurose, zia Tetta, decisa, si reca alla reception, chiedendo se c’è la possibilità di cambiare stanza. Anche perché nella nostra “piccola dimora” c’è un olezzo non proprio piacevole di provenienza non identificata e che resiste nonostante le spruzzate di “Drakkar Noir” di zio Stefano. Fortunatamente la direttrice ci trova una sistemazione in una camera che si è appena liberata ed allora ci trasferiamo contenti, liberi finalmente di aprire la finestra (abbiamo anche un balconcino)e soprattutto liberi dalla insopportabile mamma di Margherita!

Passiamo altre tre giornate di grande relax nella nostra spiaggetta di Spartaia, dove ci facciamo il bagnetto senza alghe, infatti quelle dell’altro giorno erano il frutto di una mareggiata che c’era stata nei giorni precedenti il nostro arrivo. Io gioco con gli altri bambini e con l’animatrice, mentre zio e zia divorano libri sotto l’ombrellone e fanno bagni lunghissimi, e anche lo “storteling” con maschera e pinne (credo che sia un modo di andare sott’acqua tutti storti per non far spaventare i pesci…).

Una mattina zio decide di avventurarsi al largo con la canoa. Allora si dirige verso il punto dove sono posteggiate le canoe gialle e, vedendo che ce n’è una rossa più bella e più nuova delle altre, fa per tirarla fuori. A questo punto interviene zia Tetta che si accorge che la canoa è di un signore con i capelli bianchi che è scattato fulmineo verso zio Stefano, pronto per reclamare la sua canoa personale. Zio non si era accorto che quella canoa non era a dell’albergo e, preoccupato dall’arzillo vecchietto, la rimette a posto e prende una di quelle a disposizione dei clienti dell’albergo. Zia, che notoriamente è una coraggiosa nuotatrice (ha il record dello stile “a cagnolino” sulla distanza di 5 metri 5!), declina l’invito a pagaiare con zio, il quale, dopo aver vinto le paure di zia, riesce a farmi salire a bordo e fare un giro. Bellissimo! Navigando pian piano, arriviamo fino alla vicina spiaggia “Paolina”, che fa sempre parte del Golfo di Procchio, e che deve il nome alla moglie di Napoleone Bonaparte, così come lo scoglio che si trova di fronte a questa spiaggia e che io e zio Stefano “circumnavighiamo” (questa parola la so dire, ma non ne ricordo il significato…ma tant’è). Dopo aver visto passare un po’ di yacht in lontananza e salutato le persone che passano sui pedalò (ma chi è che pedalò poi?), rientriamo alla base soddisfatti della piccola gita in canoa. Ma ad attenderci, oltre alla preoccupata zietta, c’è un nuovo bagnino tutto muscoli e baffetti che ci accoglie con un rimprovero: “Ehi, belìn, quando vai fuori con la canoa mi devi avvertire, capito?”. Come si capisce dalla cadenza, anche lui è proprio del luogo! Comunque zio Stefano dice che è vero, avremmo dovuto avvertirlo, perché non si sa mai se può succedere qualcosa, ed il bagnino è sempre pronto per soccorrere. La sera a cena finalmente abbiamo conquistato un posto sulla terrazza all’aperto e guardiamo con soddisfazione e un po’ dall’alto in basso quelli che invece cenano ai tavoli all’interno del ristorante. Noi siamo ormai dei veterani! Il maitre, sempre più pinguino ed accaldato, ogni tanto passa per sapere se va tutto bene e se apprezziamo la cucina del cuoco napoletano (oh, ma su quest’isola ci sarà pure qualche toscano?…). E lo stesso fanno gli altri camerieri, tutti veloci e gentili e pronti a scherzare con me, chiamandomi “campione” e chiedendomi ogni sera se mi sono fidanzato (mi piace che la mia popolarità stia aumentando giorno dopo giorno!). La cena di questa sera la sto aspettando da stamattina quando, a colazione, il maitre ci ha illustrato il menu serale. Infatti è previsto il mio piatto preferito e cioè “gli spaghetti con le gongole”! Wow! Me li mangio di corsa e non voglio nient’altro dopo, neanche il dolce o il gelato, perché non voglio mandar via il sapore buono buono che ho in bocca!

Dopo il lauto pasto ci dirigiamo a “Marina di Campo”, nella parte sud dell’isola, che è il centro più popolato dell’Elba d’estate, in quanto vi sono molti alberghi e strutture ricettive, bar, ristoranti, teatro all’aperto, arena e tanti negozietti, dove zia Tetta cerca disperatamente una nuova borsa da mare, che puntualmente non compra. Comunque anche qui c’è una gran folla, ma d’altronde siamo in agosto, ed è difficoltoso trovare parcheggio. I nostri sforzi vengono infine ripagati da un megagelatone fragola e limone (la rima è involontaria, eh?).

Finalmente dormiamo alla grande ora che non siamo più nella famigerata camera “7B” e la mattina, dopo una ricca colazione e dopo aver controllato i risultati del torneo di tennis su Sky nella saletta col televisore a 44 pollici col resto di due, ci dirigiamo alla spiaggia dei “Cavoli” (nessuno mi ha saputo spiegare però dove avevano nascosto i cavoli…c’era solo sabbia…). Beh, c’è poco da dire, questa spiaggia è veramente meravigliosa! Subito andiamo nella parte dove ci sono un po’ di scogli e zio Stefano comincia a farci un po’ di foto. Purtroppo, dopo un po’ dobbiamo interrompere perché zia Tetta viene punta da un’ape e dobbiamo andare allo stabilimento, dove ci danno una pomata per le punture d’insetto. Devo dire che mia zia ha una particolare predisposizione ad essere punta dagli insetti. Anche in camera la sera parte sempre la “caccia alla zanzara” prima di addormentarsi, perché lei ogni notte viene punta inesorabilmente. Io lo so qual è il motivo: è che la mia zietta è talmente dolce che gli insetti non sanno resistere e la pungono! Quando glielo dico lei mi stringe forte forte, mi da un bacione e mi promette pure un bel gelato! (zio Stefano poi, in disparte, mi consiglia di comportarmi sempre così con le donne, che avrò successo!). Vi stavo raccontando della spiaggia dei Cavoli. E’ veramente bella, con un’acqua trasparente che sembra l’acqua Rocchetta, quella pulita dentro, bella fuori, con Del Piero che parla agli uccellini come San Francesco… Ci facciamo non so quanti bagni ed io per un po’ addirittura abbandono i braccioli. Tornando verso Spartaia facciamo un bel po’ di foto panoramiche, perché questa spiaggia merita veramente.

La sera, dopo cena, facciamo un giro in un altro paesino molto carino, “Capoliveri”, dove troviamo anche qui una serata particolare (oh, manco a farlo apposta, ovunque andiamo la sera c’è una festa. Che fico!). Infatti, come a Roma da qualche anno si usa fare “La notte Bianca”, a Capoliveri stasera c’è “La notte Blu”. Negozi aperti, gelati ovunque ti giri(Wow!), concerti nelle piazzette e per i vicoletti, strade piene di gente che va su e giù, che arriva sulle navette che vanno e vengono dai parcheggi organizzati dal comune (questo sì che è un comune serio, mica quello di Portoferraio, che tratta i suoi visitatori con multe a tutto spiano!). Nella piazza principale hanno posizionato dei cannocchiali giganti (che zio mi spigherà poi che si chiamano telescopi), dove ci sono dei ragazzi gentilissimi che fanno vedere a grandi e piccini il cielo, le stelle e i pianeti. Una meraviglia! Ho visto Giove e le sue lune (oh, mica ce n’ha una sola come la Terra!) e pure la nostra Luna, piena di cateteri o crateri, non ricordo bene come si dice. Ci mangiamo un ghiacciolo artigianale al melone, visitiamo tutti i negozi che teoricamente potrebbero avere la sospirata borsa per zia, ma che all’atto pratico risultano per lei inadeguati. Poi con la navetta un signore simpatico ci accompagna al parcheggio e ci dice che farà avanti e indietro così fino alle tre di notte, quando terminerà la manifestazione.

Il giorno seguente ci dirigiamo in un’altra delle spiagge più belle e famose dell’isola: la “Fetovaia”. E’ una spiaggia non grandissima, ma di sabbia fine e bianca, tipo quelle della Sardegna e della Corsica, e tutt’intorno, caratteristica dell’isola, tanto verde, con alberi e piante a volontà (non per altro si chiama Isola d’Erba, no?). Purtroppo oggi non siamo fortunatissimi. Infatti ci sono un bel po’ di alghe e l’acqua non è proprio limpida come ci aspettavamo. D’altronde ad Agosto, con tanta gente, purtroppo si va incontro a questi inconvenienti. Però, soprattutto, la colpa è di quei fanaticoni con gli yacht, che si fermano al largo e poi scaricano in mare i loro rifiuti che, trascinati dalla corrente, spesso arrivano fino a riva. Anche a questi maleducati zio Stefano augura in futuro di frequentare spesso le farmacie.

La sera l’albergo ha organizzato una grigliata di carne e pesce all’aperto. E’ una bella iniziativa, come quella dell’aperitivo e quella della serata musicale (devo dire che il pregio di questo albergo è il relax e le comodità che offre ai suoi ospiti. Se però la sera dopo cena in terrazza ci fosse anche un po’ di pianobar o di musica di sottofondo, sarebbe ancora più piacevole. Infatti c’è un accogliente salotto con tanti divanetti, ma è tutto al coperto. Quindi, se si organizzasse qualcosa sulla terrazza, all’aperto, sarebbe ancora più accogliente. Comunque il problema non mi riguarda, tanto io e gli altri bambini abbiamo l’animatrice e poi il salottino col televisore, dove, sui canali di Sky, ci vediamo un sacco di cartoni animati bellissimi. L’unica difficoltà c’è quando si affaccia zia Tetta, che vorrebbe mettere il canale dello sport, dove trasmettono in diretta il torneo di Cincinnati e quello di Montreal. Infatti zia è un’appassionata di tennis ed anche una discreta giocatrice e quindi ogni tanto vorrebbe prendere lei il telecomando, ma noi piccoli ci siamo coalizzati e glielo nascondiamo sempre. Però è anche vero che quasi tutti i bimbi verso le 22- 22 e 30 vanno a dormire e quindi, anche quando torniamo dai nostri giri serali, zietta si “sbraca” in poltrona ed assiste alle performance di Federer e Nadal. Poi c’è sempre il portiere di notte, un signore gentilissimo che ogni 5 minuti ci viene a ricordare che lui è a nostra disposizione, per qualunque cosa avessimo bisogno (ma perché ce lo dice tutte le sere? Boh…).

L’ultima uscita serale la facciamo a “Marciana”, da non confondere con “Marciana Marina”, dove siamo stati qualche sera prima ed abbiamo apprezzato il bel porticciolo con una suggestiva illuminazione della luna piena (per un po’ ho avuto anche paura che girasse qualche lupo mannaro, ma zio Stefano mi rassicurato, dicendomi che girano solo in campagna ed hanno paura del mare)ed il centro con i negozietti setacciati da zia Tetta alla ricerca della borsa da mare.

Marciana piace molto a zio, perché dice che è una cittadina medioevale e che, rispetto agli altri paesi dell’isola, ha mantenuto quasi intatta la sua veste originaria. Facciamo circa un milione di scale ed arriviamo alla “Fortezza Pisana”, dove un signore, finalmente toscano, spiega ai visitatori la storia di questo fortino e le caratteristiche strutturali, con l’aiuto di foto e disegni dove è illustrato il modo in cui gli abitanti dell’isola combattevano e si difendevano dai nemici. Ci fermiamo poi su una panchina posta su una terrazza da dove si può ammirare dall’alto il paese e che zio trova molto romantica, mentre zia gliela “boccia” subito, ma secondo me perché è un po’ stanca e anche perché non è riuscita ancora a trovare la borsa…

Arrivati all’ingresso del paese c’imbattiamo anche stasera in un festeggiamento. Infatti c’è un concerto di giovani rock band (per la gioia di zio Stefano che s’incanta a guardare gli assoli di chitarra) che suonano in piazza per la “Festa della birra”, dove scorrono fiumi di “bionda” artigianale (a proposito, vicino al “Monte Capanne” c’è un birrificio che si può visitare e dove si possono degustare le birre prodotte con metodo artigianale, insieme con la tipica gastronomia elbana), che accompagnano grigliate di carne e salsicce a volontà.

Dopo un boccale a cui non si può rinunciare, torniamo in albergo nella nostra Procchio, che domattina lasceremo con molto rammarico, perché siamo stati veramente bene.

L’unico inconveniente con l’albergo è che ci vorrebbero far pagare alcune cose che non abbiamo consumato. Infatti nella distinta dei pagamenti, troviamo alcuni errori che subito contestiamo alla direttrice e che ci vengono scalati dal conto. Solo che ci accorgiamo di un altro errore quando siamo ormai all’imbarco a Portoferraio. Allora zio telefona all’albergo e la direttrice sostiene che abbiamo preso un Vermentino da 21 euro la prima sera che siamo arrivati. Solo che naturalmente non l’ho ordinato io, né tantomeno i miei zietti che non bevono vino! Non vuole farci un bonifico per restituirci i soldi non si sa bene perché e ribadisce che ci ha pure scalato altre cose che erano segnate alla nostra camera. Allora zio si arrabbia e le dice che se loro commettono errori non è certo colpa nostra e gli dà l’indirizzo a cui spedire il vaglia di rimborso dei 21 euro pagati per il Vermentino mai bevuto. La direttrice gli dice che dovremo pagare le spese di spedizione del vaglia e che quindi non avremo proprio 21 euro. Allora zio la ringrazia ironicamente e le dice di non preoccuparsi, che accetteremo comunque anche un importo più basso, meglio che regalarli a lei!

Grande zio! Saliamo sul traghetto ed arriviamo a Piombino e poi in circa tre ore siamo a Roma, dove racconto la nostra vacanza a mamma, papà e alla sorellina che mi sembra un po’ invidiosa… Beh, finchè lei sarà ancora così piccola, i miei zii saranno tutti per me!…

Ciao a tutti e buone vacanze dal vostro amico Tombolino!

Stefano Pietri


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