Ritorno a Scandicci

Fabione torna a casa dopo un soggiorno all’estero di sei mesi. Troverà delle sorprese. Ho tentato di immedesimarmi nel personaggio e di descrivere gli stati d’animo di Fabione …

 

 Domenica

Sono contento di ritornare a casa, di ritrovare le mie vecchie abitudini, di rivedere i miei cari amici e riprendere con loro la sana tradizione della birretta serale. Sono arrivato a Milano Malpensa in aereo, ho raggiunto Milano Centrale e ho preso il primo treno per Firenze. Non nascondo che un po’ mi sia dispiaciuto chiudere questa interessante parentesi inglese della mia vita, sono stato bene in Inghilterra, ho imparato alla perfezione la lingua più usata al mondo. Ora sono un ingegnere che conosce perfettamente l’inglese, ho trent’anni compiuti da una settimana e ce la metterò tutta per trovare un vero lavoro, da oggi si volta pagina, una settimana di meritato riposo e il 3 novembre inizierò a inviare i curricula a tutti gli studi d’ingegneria della Toscana, e forse anche qui, a Bologna. Il mio treno infatti, è appena ripartito da Bologna Centrale e fra un’oretta arriverò a Santa Maria Novella. Ci saranno sicuramente i miei amici di vecchia data ad attendermi, Francesco, Marcello e Giovanni, forse Giovanni no perché lui ha la ragazza, ma i primi due non mancheranno di sicuro. Che strano però che non abbiano risposto alle mie lettere, forse non le hanno ricevute o la loro risposta arriverà in Inghilterra la settimana prossima. Poco importa ormai, non sono più in Inghilterra, non mi serve più la loro lettera di risposta, fra un’oretta ci rivediamo di persona, e faremo baldoria, si festeggia il ritorno di Fabione. I miei amici mi vogliono molto bene, secondo me il regista Monicelli si è ispirato a noi per fare il suo ultimo film “Amici Miei”, l’ho visto la sera prima di partire per l’Inghilterra con i miei amici. Ci siamo fatti una tonnellata di risate perché ci identificavamo perfettamente nei personaggi. Sono assolutamente certo che mi verranno a prendere alla stazione di Firenze.

 

Appena sceso dall’aereo a Milano Malpensa ho telefonato a casa di Francesco pensando di trovarlo ma ha risposto la signora Rita, sua madre. Ho detto che sarei arrivato con il treno delle 16.30 a Santa Maria Novella e che, se voleva, Francesco poteva passare a prendermi. Dopo una breve pausa mi ha risposto freddamente: “riferirò!”. Non mi ha nemmeno lasciato il tempo di chiedere come stava, come andavano le cose. Ha messo giù il telefono con uno stitico ”arrivederci!”, aveva un tono sgarbato. Vuoi vedere che non mi ha riconosciuto? Non c’è altra spiegazione, lei ha sempre avuto un debole per me, chiaramente non ha capito che ero io, Fabione, forse il migliore amico del su’ figliolo. Un mese fa, quando telefonai dall’Inghilterra era la signora Rita di sempre, perché adesso dovrei esserle divenuto antipatico? Ho sempre voluto molto bene alla signora Rita, la mamma del mio più caro amico. Comunque tutti sanno che tornerò oggi. Già mi sembra di vederli tutti e tre alla testata del binario, forse c’è anche la ragazza di Giovanni che non ho mai conosciuto, credo sia una studentessa di Volterra e anche di molto bellina. Una bella pizza da Johnny ci sta tutta, finalmente posso mangiare qualcosa d’italiano dopo tanto Kebab, lamb, patatine fritte, biscotti al burro e scampi. Non rimpiangerò sicuramente la cucina inglese.

 

La galleria dell’Appennino non finisce mai, ogni volta che la percorro, in treno,  sembra più lunga, se dovessi trovare lavoro a Bologna mi toccherà percorrerla due volte al giorno! Non credo che mi cercherei un appartamentino a Bologna con quello che costano. Dopo la galleria c’è Vernio, poi Vaiano, poi Prato e Sesto Fiorentino, Castello, Rifredi e finalmente Santa Maria Novella, ma questo treno non ferma neanche a Prato. L’ultima mezz’ora di viaggio sembra non finire mai, mi pregusto la serata con gli amici, non vedo veramente l’ora. E’ stato proprio durante questi lunghi sei mesi inglesi che mi sono reso conto che gli amici contano veramente moltissimo nella vita e Francesco, Marcello e Giovanni sono Grandi Amici, Amici con l’A maiuscola.  Mi sono mancati moltissimo i miei cari amici.

Arrivo puntualissimo alla stazione di Santa Maria Novella,  scendo dal treno e mi precipito verso la testata del binario, urto contro un signore anziano che comincia a inveire in fiorentino e tira giù una bestemmia, mi scuso al volo e allungo il passo, non vedo l’ora di rivederli i miei cari amici e di ricominciare a cazzeggiare a tutto spiano con Francesco Marcello e Giovanni, e anche di parlare di belle gnoccone.

Non li vedo ancora alla testata del binario, staranno cercando il parcheggio. Mi sembra di vederlo il Francescone che con la sua mitica Renault 4 rossa da vero proletario impreca tutti i santi in dialetto livornese alla ricerca di un miserrimo parcheggio. Aspetterò, arriveranno sicuramente i tre bischeroni! E’ sempre stato difficile parcheggiare nei dintorni della stazione.

L’attesa sembra però un po’ lunga. Dopo una ventina di minuti capisco che forse sarà meglio prendere un autobus per Scandicci. Non c’era nessuno ad aspettarmi, pazienza! Li vedrò sicuramente stasera, è una bellissima giornata oggi, saranno andati a riempirsi la pancia e poi a fa’ danni in Mugello. Senza di me! Maledetti ragazzacci! Appena arrivo a casa squillerà il telefono, sarò tempestato di telefonate.

Un po’ però mi è dispiaciuto che non sono venuti, dovrò far finta di niente, dovrò dire “ero straco cotto pe’ fa’ la zingarata forse è stato meglio che non siete venuti”. Dirò una menzogna, pazienza. Si, mi è dispiaciuto molto. Tento di nasconderlo a me stesso.

 

Sono rientrato a casa, ho trovato tutto in ordine, tutto perfetto come l’avevo lasciato. Mentre ripongo nell’armadio i miei vestiti, attendo con ansia lo squillare del telefono. I miei amici non tarderanno sicuramente a farsi vivi ma è già passata un’ora e il telefono rimane muto, strano, non pensavo proprio che il telefono rimanesse così silenzioso. Se nessuno mi cerca proverò a chiamare io Francesco, anzi, meglio chiamare Marcello perché se mi risponde di nuovo la signora Rita mi toccherà spiegare che quello che ha chiamato oggi a mezzogiorno ero io e sentire una valanga di scuse da parte sua, mia sembra di sentirla la signora Rita “Fabione, scusami tanto ma ‘un t’avevo riconosciuto, si sentiva proprio disturbato, che piacere sentirti di nuovo, che mi racconti? Adesso sai benissimo l’inglese … aspetta un attimo che ti passo il mi’ figliolo, eccolo che sta arrivando!”.

Chiamo a casa di Marcello, mi risponde lui, finalmente – Marcello!  – Chi è? – Sono io! Fabio! O che ‘un mi riconosci? Sono tornato oggi a casa dall’Inghilterra, maledetti bischeroni! Col piffero che siete venuti a prendermi a Santa Maria Novella… non sento più nessuno dall’altra parte – pronto Marcello? Te tu mi senti? – ci mancava anche la linea che è caduta, adesso mi richiamerà di sicuro, spero di avere il tempo di farmi una pisciata.

Il telefono non squilla, provo a richiamarlo ma stavolta non ricevo nessuna risposta, vuoi vedere che è uscito? Forse sta venendo qui. Ma certo che sta venendo qui quel disgraziato! Viene a casa mia a fa’ danni, avrà ancora la Vespa o l’ha venduta? Immagino che stia partendo in questo momento da casa sua, deve fare un po’ più di un km … meno di un km e mezzo per arrivare da me, direi al massimo un centinaio di secondi, fra un centinaio di secondi sentirò il rumore di una Vespa che parcheggia qui sotto … niente da fare, di secondi ne passano molto più di cento e Marcello non arriva, forse ‘un ce l’ha più la Vespa o è rotta. La sua Vespa era un catorcio sei mesi fa. Deve essere caduta la linea all’inizio, lui stava uscendo, aveva fretta e non mi ha riconosciuto. Sono sicuro che sia andata così, se mi avesse riconosciuto mi avrebbe richiamato, senza ombra di dubbio, o si sarebbe precipitato da me, ma forse tarda perché sta aspettando gli altri due. Chissà … dopo che è caduta la linea, ha fatto una telefonata lampo a Francesco nel mentre che io svuotavo la vescica. Francesco avrà contattato Giovanni che sta con la sua ragazza e quindi è ovvio che non sono ancora arrivati. Io sono qui, aspetto, certamente arriveranno, anche fra un’oretta, anzi sicuramente non arriveranno prima delle otto qui da me.

 

Sono le otto e quarantacinque, nessuno mi ha telefonato, nessuno mi ha citofonato, nessuno ha suonato il campanello di casa mia. Ho fame e credo che ormai mi toccherà mangiare a casa, altro che pizza da Johnny con gli amici! Sono rimasto un po’ male perché ero sicuro che  avrei rivisto già oggi i miei vecchi e cari amici e invece no, pazienza! Forse si sono trovati la ragazza anche Francesco e Marcello? Allora l’amicizia è finita, se così fosse meglio perderli che trovarli, ma certamente non è così, e quando la trovano una ragazza quei due? Giovanni, si sa, è bello, spigliato e intraprendente, credo che sia alla sua decima o undicesima storia ma, Francesco e Marcello sono come me, poco intraprendenti, orgogliosi e, diciamolo, nessuno di noi tre è un fotomodello. Comunque se per assurdo si fossero sistemati entrambi con una ragazza io non voglio essere l’escluso del gruppo, me la devo trovare anch’io!

Ho mangiato rigatoni con olio crudo e un po’ di fagioli in scatola comprati un anno fa ma ancora buoni, vo’ a farmi una sana dormita! Via i cattivi pensieri! Domani proverò a chiamare Francesco.

 

Lunedì

Giorgio è un altro mio amico importante, lo vedo un po’ meno perché sta sempre a pensare alla gnocca, si veste bene, non è bello ma ci sa fare, è piacente, è sempre ottimista e anche generoso. Ogni volta che lo vo’ a trovare lui mi chiede se ci fermiamo a pranzo, lo voglio proprio rivedere, gli farò una bella sorpresa, lui lavora in banca, nella filiale dove io sono cliente. Dopo aver fatto colazione decido di passare in banca, per salutare Giorgio ma devo prelevare anche un po’ di soldini altrimenti non riesco nemmeno a fare la spesa. Che antipatica stamattina la barista! È sempre stata molto gentile, non mi ha neppure chiesto come mai erano sei mesi che non mi facevo vedere, mi ha trattato come se fossi entrato nel suo bar per la prima volta! Mi ha dato il cappuccino con la stessa delicatezza di un camionista incazzato. Mah …e chi se ne frega della barista non è neppure carina!

Già m’immagino la scena,  Giorgio mi riconoscerà e pronuncerà la sua consueta frase: “Ma guarda chi si vede, l’esimio ingegner Fabione Narducci! Se aspetti un momento noi due si va’ a prendere un caffèttino” … si va al bar e si decide di fare una bella mangiata in trattoria durante la pausa pranzo, si chiacchiera del più o del meno e si concorda anche di combinare una cena con un paio di ragazze, lui non ha problemi ad invitare ragazze. Ho scritto anche a lui dall’Inghilterra due settimane fa … a proposito, neanche lui mi ha risposto ma non mi meraviglio, lui non ama scrivere lettere.

Eccola la filiale dove lavora Giorgio, ora entro e gli fo’ la sorpresa. Sta dietro lo sportello Giorgio, con un cliente, è indaffarato. Sorrido, agito leggermente la mano per salutarlo, lui mi vede, per mezzo secondo mi guarda negli occhi con uno sguardo inespressivo da ufficiale delle SS, non sorride, non mi saluta, ‘un mi dice proprio nulla e riprende a parlare col cliente. Porcamaiala! Vuoi vedere che sono capitato nel momento peggiore della giornata? Magari ce l’ha girate oggi, ogni tanto gli capita, però lui è sempre disponibile, anche se ce l’ha girate. Aspetto più di un quarto d’ora che lui finisca col cliente e in un quarto d’ora non mi degna di uno sguardo. Quando il cliente va via abbandona lo sportello continuando ad ignorarmi e si fa sostituire da un suo collega, un impiegato di mezza età che non ho mai visto prima, ha un forte accento pugliese, è gentile, almeno lui, fin troppo gentile. Prelevo i soldi e me ne vado dalla filiale incrociando Giorgio che è andato a prendersi il caffè con il cliente di prima, non ci degniamo di uno sguardo.

Sono di molto incazzato con Giorgio che oggi si è comportato da schifo, mi ha visto e mi ha ignorato, ora torno indietro e gli chiedo cosa gli ho fatto … voglio arrivare fino in fondo! Ritorno in filiale ma c’è una coda di gente davanti al suo sportello, almeno quattro persone, va bene, ripasserò domani, lui non mi ha mai ignorato così ed io ‘un gli ho fatto nulla, ho sempre parlato bene di lui, ci si conosce da quindici anni, mica da un giorno.

Sono avvilito per il comportamento di Giorgio, sono tre ore che rimugino su cosa possa essere accaduto ma ora è arrivato il momento di chiamare Francesco, il livornese del gruppo, simpaticone, comunista fino al midollo osseo. Compongo il numero e mi risponde lui! – Francescone! Madonna bona! So’ Fabio! – Si… – Ovvia ‘un fa il bischero pure te che ci si deve vedere, so sei mesi che un ci si vede … – ciao, senti … so’ incasinato o che mi devi dire? – il tono è seccato, rimango a dir poco pietrificato, mi sembra di parlare con un estraneo, mi viene quasi da piangere, inizio a capire che durante la mia assenza sia successo qualcosa di strano, gli rispondo – un fa nulla Francesco, un ti devo dì nulla, scusami se ti ho disturbato, ciao! – lui ha già messo giù la cornetta prima di me, come Marcello ieri sera. Sono incazzato nero, sento i succhi gastrici che mi stanno iniziando a corrodere le pareti dello stomaco, sto sudando freddo, ho la canottiera fradicia e le gocce di sudore mi colano dalla fronte.

Oggi è il giorno più brutto della mia vita, forse, oggi ho capito che il mio non è un ritorno nel luogo di origine ma sembra quasi l’arrivo in un luogo estraneo. Qui sembra che tutti ce l’abbiano con me, mi evitino, la Signora Rita mamma di Francesco, Marcello ieri sera che mi ha chiuso il telefono, la barista e Giorgio stamattina e poi Francesco, inutile provare a chiamare Giovanni, otterrei l’ennesima delusione, non ho più nessuno in questa città visto che tutti mi evitano, o forse mi ignorano,  semplicemente. Devo capire che cosa sia successo durante la mia assenza. Posso fare un ultimo tentativo con Giulio e Federica. Giulio è stato un mio collega di corso che avevo iniziato a frequentare poco prima della partenza, Federica è sua moglie, gran bella ragazza. Abitano a Firenze, hanno preso in affitto un bell’appartamento all’Isolotto, ho cenato da loro due volte, mi ricordo ancora il numero a memoria … Mi risponde Giulio, mi riconosce. – Ciao Fabio …dimmi pure – Sono tornato ieri dall’Inghilterra, niente volevo sentirti, eventualmente vederci per una pizza se avete tempo – Fabio ascolta, mi dispiace ma questo è un periodaccio sto lavorando sodo e la sera non ce la faccio proprio a uscire – ah scusa! Come non detto Giulio, capiteranno tempi migliori! – Giulio non si sbilancia neppure a dire qualcosa tipo “magari più avanti riusciremo a trovarci” ma mi dice che mi deve salutare perché Federica lo sta chiamando. Fingo di non accorgermi della sua estrema freddezza. –Va bene Giulio, salutami Federica, mi raccomando! – Giulio ha chiuso senza neppure dirmi che Federica ricambia i miei saluti o almeno un “sarà fatto”. Giulio ha chiuso senza neanche dirmi uno stitico ciao. Non è stato sgarbato come gli altri ma forse è anche peggio, è stato glaciale, gelido, indifferente.

Non credo che avrò più nulla da spartire con questi amici, se anche si fosse trattato di un banale equivoco sarò io a non volerne più sapere, vermi schifosi, luridi bastardi, andate all’inferno con tutto il cuore!

Sono a casa, prendo una sedia, la sollevo e la scaravento contro il pavimento urlando volgarissimi improperi. Mi sento profondamente ferito nel cuore da quanto accaduto e sto iniziando a somatizzare, non ho più appetito, non ho più voglia di vivere. Lo stomaco mi brucia ancora di più, devo andare in farmacia a prendere qualcosa contro l’acidità di stomaco, il farmacista è un amico di Giorgio, quel viscido surrogato di umano, vado a Lastra a Signa che ‘un mi conosce nessuno, oppure mi allungo fino a Firenze.

La quarta notte insonne, continuo a rimuginare e a cercare di capire cosa possa essere successo ma ho preso una decisione, mi presenterò di persona a casa di Francesco a chiedere spiegazioni a costo di mettergli le mani addosso. Forse domani.

 

Martedì

 

Non andrò da Francesco, ho una nausea profonda al cervello. Non ho voglia di aggiungere altro veleno al mio fegato, mi è bastato quanto accaduto nei giorni scorsi. Ho la coscienza pulita mentre i miei “amici” sono dei gran bastardi, qualsiasi ragione abbiano per avermi escluso.  In certi momenti non voglio neppure sapere cosa possano aver saputo di me, non mi hanno motivato la loro gelida indifferenza e questo non lo dimenticherò mai. Vorrei scappare da codesto infame postaccio, anche se ci sono nato. Non ho più nessuno qui a Scandicci. Veramente nessuno.

 

 

Venerdì

Mi sono svegliato in una stanza dell’ospedale Careggi di Firenze, ho dolori dappertutto, contusioni, lividi. Ho la febbre, cosa mi è successo? ‘Un mi ricordo nulla! Nulla! C’è un’infermiera sui cinquant’anni piuttosto brusca che sta rifacendo la stanza. Non ho neppure la forza di dirle un buongiorno, rimango inebetito mezz’ora in attesa che mi ritorni la memoria. Verso metà mattina inizio a ricordare qualcosa. Ho incrociato quattro giovani più o meno della mia età, uno di loro mi ha fissato con aria provocatoria, aveva la barba e un’espressione di odio. Mi ha urlato – eccolo qui il nazista schifoso! Topo di hiaviha! – io ho reagito, sono sanguigno io e se qualcuno mi offende mi incazzo di molto – a chi nazista? A me nessuno mi ha mai dato del nazista, o che tu voi da me? Te tu voi provocarmi? – Ricordo di aver poi aggiunto  qualcosa tipo “guarda che ti sbagli amico, fatti una visita dall’oculista che mi stai scambiando per qualcun altro”. Mi hanno circondato e mi hanno insultato. Mi hanno picchiato a sangue, erano in quattro, ho perso i sensi, per fortuna che ho perso i sensi. Non ricordo altro ma adesso so perché mi hanno ricoverato in ospedale. Ho preso tante botte, per la prima volta in vita mia.

Un signore sui cinquant’anni è il mio primo e ultimo visitatore, è un commissario, si chiama Stefano Salvatori, non è giovanissimo. E’ gentile con me, dopo essersi presentato mi dice che ha avuto l’autorizzazione dal medico a farmi qualche domanda.  Comincio a capire l’equivoco, mi mostra la pagina di un settimanale con una foto assurda, ci sono quattro tipi che fanno il saluto romano, hanno le teste completamente rasate, uno dei quattro sono io, mi riconosco, non ci sono dubbi anche se sembro più vecchio di almeno cinque o sei anni. L’articolo del giornale parla di un raduno di neonazisti a Padova, ma io a Padova non ci sono mai stato, io non ho mai fatto il saluto romano e non mi sono mai rasato a zero. Il commissario mi chiede se mi riconosco nella foto, io gli rispondo che la persona riprodotta è un mio sosia perfetto e non posso essere io, è la pura verità, Il commissario non si smuove, si aspettava la risposta che gli ho dato, sa che molti negano anche di fronte all’evidenza ma io ho capito tutto. Il nazista riprodotto nella foto è la causa di questo spaventoso incubo, la rivista è uscita una quindicina di giorni prima che tornassi dall’Inghilterra, tutti l’hanno vista e tutti hanno pensato che io avessi una doppia identità ma io ho sempre avuto un’unica identità. Il commissario mi dice che i miei aggressori sono stati arrestati e hanno ammesso di avermi aggredito, sono quattro estremisti di sinistra molto conosciuti nella provincia di Firenze, uno di loro conosce anche Francesco, quel bastardo traditore.

 

Quattro anni dopo, a Padova

 

A molti capita di cambiare idea politica, è capitato a me, ero  comunista ma ora sono di estrema destra, non sono violento, non ho mai fatto male a nessuno ma mi piace avere un look da cattivo, da vincente. Ho trentaquattro anni e sono uno fra i più anziani del nostro gruppo neonazista toscano. Non siamo tanti. Odio i comunisti finti, egoisti pieni di soldi come quelli che quattro anni fa mi hanno massacrato di botte, o come gli amici di una volta che mi hanno escluso dal gruppo senza motivazione; rispetto e stimo invece i veri comunisti, anche se non condivido le loro ideologie. Amo l’ordine pubblico, il rigore e le armi, non amo gli immigrati, non mi pronuncio sulla diversità delle altre razze e non condivido l’olocausto, ma sono innamorato del mio look da cattivo, piace molto alle donne il look da cattivo, dicono i miei camerati, quelli sotto i venticinque anni. Non devo giustificarmi con nessuno se mi sento di estrema destra, il mio look non mi obbliga necessariamente a essere cinico e spietato, fondamentalmente sono un buono, so a perfezione di essere un pezzo di pane, ma mi piace da morire apparire come un cattivo, soltanto apparire.  Oggi qui alla periferia di Padova siamo centinaia di nazi da tutte le regioni d’Italia, la maggior parte sono giovanissimi, viso duro e sguardo aggressivo. Il nostro leader srotola un’enorme immagine di Adolf Hitler, tutti esultiamo mentre mi sembra di scorgere un paparazzo che sta puntando proprio verso di me un teleobiettivo, ha scattato una foto, una foto che io ho già visto quattro anni fa, quella maledetta foto che mi ha cambiato la vita, una foto scattata nel futuro e riprodotta alcuni anni prima su un noto settimanale italiano, e nessuno che a suo tempo sia stato in grado di dirmi la provenienza.  In questi lunghi anni ho sempre sospettato che a quella foto fosse legato qualcosa di misterioso, ora ne ho avuto la conferma definitiva.

Sento che lentamente la mia passione per l’ideologia nazista si sta spegnendo, forse oggi è l’ultima volta che parteciperò a un raduno neonazista. Non mi è difficile dileguarmi dal gruppo, qui non ho veri amici, sono troppo diversi da me.

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