Riflessioni di un uomo senza Tempo

 

Concorso “150strade” 2008
3° classificato al concorso nazionale per racconti brevi
con il racconto
Riflessioni di un uomo senza Tempo
di Lucio Schina

 

Il brusio che sento in stazione è come un insieme di tante piccole voci lontane, che danzano indistinte come fossero trasportate da un vento senza tempo.

Ricordi e pensieri si mescolano, sguardi e respiri si perdono in un luogo che congiunge e divide, che separa e riunisce in un convulso ciclo che si ripete senza sosta.

Mi volto verso un convoglio che sta per lasciare la stazione; lo fisso, cerco di isolarne i rumori che produce, e lascio che porti con sé un mio pensiero, nella speranza che una volta giunto a destinazione possa proseguire il suo viaggio silenzioso fino a raggiungere il cuore di una persona amata. Ricordo il giorno in cui partì dallo stesso binario, con lo stesso treno che vedo muoversi agile in mezzo alle due banchine animate da un moto irrequieto.

Il dolore si fa ricordo, ed il pensiero di un attimo passato immalinconisce la mia anima. Seguo con lo sguardo l’ultimo vagone del treno allontanarsi, farsi sempre più piccolo fino a sparire dietro un orizzonte sfocato. Mi conforta immaginare che il mio alito d’amore sia in viaggio anche oggi, e che tra poche ore giungerà a destinazione come ogni giorno, da dieci anni a questa parte.

Guardo l’orologio, sperando che le lancette abbiano ripreso il loro corso, che il tempo, infine, mi abbia concesso di abbandonare quell’attimo nel quale la mia mente vive di un’attesa permanente. Lascio che il mio sguardo si trasformi in un uccello dalle lunghe ali bianche, e segua silenzioso quel treno proteggendone il cammino. Lo immagino procedere sinuoso tra campagne e città, lasciando al suo passaggio una scia fragorosa, assecondando il moto impostogli dal suo percorso ordinato.

Dall’alto mi appare scivolare delicatamente sulle rotaie, come fosse la calda mano che accarezza il volto di un innamorato; e rivivo l’emozione più dolce, l’immagine di Eva che mi sfiora con dita di seta, al cui contatto mi lascio andare ad un brivido che inebria i miei sensi. Mi perdo nel ricordo di un giorno lontano, mentre il viaggio del mio pensiero è prossimo alla fine; è un riflesso di luce azzurra che mi scuote la mente e mi avvolge, una sensazione cui non riesco a dare forma, ma che mi rende schiavo del demone che si cela dietro una eterea figura alata. Lei capirà, sentirà un piccolo brivido percorrerle la schiena, simile all’emozione che avvolge la mente dopo un bacio rubato ad occhi socchiusi. Sospirerà, e ripenserà a quella sera in cui i nostri destini si sono divisi per sempre. Ed io rimarrò nell’attesa di un suo pensiero, di un brivido che affiderà al treno del ritorno, e che lento viaggerà fino a quando si depositerà nel mio cuore palpitante. Sarà allora che la nebbia che mi avvolge andrà diradandosi, e lascerà il posto ad un caldo sole che mi scalderà con il suo tepore.

E’ ormai notte quando sento il fischio della locomotrice annunciare il suo ingresso in stazione. Si arresta dinnanzi a me; attende che i passeggeri lascino i vagoni prima che le luci all’interno si spengano. Salgo e mi siedo per un istante nello stesso posto in cui si sedette Eva il giorno che andò via. Accarezzo i braccioli di velluto, e li sento ancora caldi di un corpo che non conosco. Mi cullo nella speranza di sentire il suo pensiero entrarmi dentro. Ma è attesa vana, ed anche questa notte porta con sé la delusione di un’emozione non vissuta. Scendo, e mi avvio verso casa a passo lento, accompagnato dalla solitudine che mi avvolge nel suo sterile abbraccio di ghiaccio; mi fermo all’uscita della stazione, e dalla tasca estraggo l’unica foto che la ritrae sorridente accanto a me; le accarezzo il viso con due dita, proteggendolo dalle lacrime che mi rigano il viso, e mi consolo immaginando il pensiero che domani le invierò con un nuovo treno.

 

 

 

 


 

 

 

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