Recensione – Il Dolore – di Francesca Canu a cura di Cristina Rotoloni

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“Quanto dolore può sopportare una persona?” Si chiede la protagonista e autrice di questo libro intitolato per l’appunto “Il Dolore”. L’opera è un diario aperto sulle vicissitudini dell’esperienza negativa che ha coinvolto realmente Francesca Canu, trasformando la sua vita in un lager di emozioni e sofferenza causate dall’inadeguatezza del sistema. Questo è un libro di denuncia con un chiaro e legittimo sfogo dell’autrice. La rabbia repressa e la costrizione psicologia subita da Francesca emergono nello scritto anche a volte con parole forti, ma che avvalorano il tormento e lo stato psicologico in cui involontariamente si ritrova trascinata per l’indifferenza con cui il suo caso è stato trattato. La malata è vittima del cinismo dei dottori ed è solo grazie all’auto ironia e la forza di volontà che la protagonista non impazzisce davanti all’indifferenza e alla negligenza medica, trasformando questo testo nello specchio di una vita che è diventata calvario di una paziente.
Leggendolo ne emerge un quadro sconcertante che purtroppo la realtà non può negare, difatti, il malato deve sperare solo ed esclusivamente sulle sue forze o al massimo di trovare un medico coscienzioso, solo che purtroppo quest’ultimo risulta assai raro e quasi unico. E’ triste e veritiero scoprire che solo un eccesso d’ira e la menzogna aiuterà la protagonista ad ottenere minimi risultati, mostrando che il lavoro del medico non guarda più al giuramento di Ippocrate, ma al dio denaro e che spesso anche pagando non si ottengono attenzioni, si ottiene solo un portafoglio più leggero e tanto altro nervosismo addosso. Nonostante ciò l’autrice sa che esistono ancora medici di cuore che credono nel loro lavoro e sono riconosciuti e ringraziati all’interno dell’opera, ma ormai anch’essi sembrano rarità. Il bisogno di sopravvivere la porterà dalla negazione delle cure a quelle fai da te dopo aver constatato inconfutabilmente che quando un medico non sa o non vuol accettare quello che il paziente dichiara di avere, l’apostrofa come ipocondriaco o stressato o, alla peggio, lo trasforma in un invincibile supereroe contro i batteri drogandolo di antibiotici. Se non fosse che è improbabile si potrebbe pensare ad un accanimento medico o ad un accordo tra loro per nascondere il problema. Purtroppo a risaltare questo caso, come routine ospedaliera, subentrano le continue negligenze mediche che sono denunciate dai malati ogni giorno e che fanno diventare gli ospedali il tumore della società. Per Francesca però le disavventure non sono finite, infatti, oltre la pressione mentale e il male fisico, il corpo della protagonista inizia a manifestare il suo malessere dimagrendo a vista d’occhio nonostante continui a mangiare abbondantemente. A questo si unisce l’impossibilità di lavorare e le avversità economiche che mostreranno amaramente che il bravo cittadino in difficoltà non ha diritto a nulla e che tute le istituzioni nel momento del bisogno lo abbandonano. Non curante di questo, la protagonista continua a cerca il modo di sopravvivere e grazie alla sua forza di spirito trova rivalsa nella sua dignità e nella capacità, anche quando tocca il fondo, di vedere il buono della vita e i doni che fa. Francesca dichiara apertamente il messaggio di questo libro ed evidenzia che la sua non si può definire una storia a “lieto fine” perché la cosa più brutta è non avere una diagnosi e ad oggi è ancora nell’attesa di risposte.

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