Recensione Cuore di Mussola di Katia Debora Melis a cura di Patrizia Palese

 

 

Quando ci si accinge a leggere delle poesie, che si sappia, si dovranno dimenticare le proprie certezze e aguzzare la vista degli occhi del sentimento, dell’energia dell’anima che non muore, che sopravvive a qualsiasi esigenza quotidiana.

 I poeti sono folli e la loro follia è contagiosa…loro lo sanno e ogni volta sperano, e sperando credono, che alla fine la loro smania di vedere ciò che per molti non c’è, quel “quid” alla fine diventerà la forza dell’umanità.

Quindi, lettori, se vorrete leggere delle poesie, dormite molto per molti giorni, nutritevi a sufficienza, perché il viaggio con loro vi fiaccherà al punto che, pur desiderando di interrompere la lettura, andrete avanti perché non ne potrete più fare meno…e così facendo avrete vinto, vinto sulla miseria, sulla bruttura, sulla pochezza dei nostri tempi.

Vi ho stuzzicato abbastanza? E allora preparatevi a masticare lentamente ogni verso dell’ultima creatura di Katia Debora Melis, CUORE DI MUSSOLA.

A dirla così sembra una cosa da poco, un cuore fatto di un qualcosa che basta poco per strappare, proprio come la mussola, ma mano a mano che leggerete, che rileggerete, perché una volta non vi basterà, quella stessa mussola vi legherà a questo libro e ogni tanto riandrete a visualizzare un verso, un titolo, un’immagine.

Ed ecco che, come accadrà a voi, mi viene davanti quella poesia, quel verso, come SOTTO LA LUNA, e tutto diviene possibile…montagne che non parlano, scrigni fidati delle emozioni umane, delle guerre volute da uomini, pazzi e non folli, della poesia che ogni donna ha in sé abortita non per sua volontà, dei frutti di una terra che nessuno raccoglie, di una natura che insiste nel voler nutrire la nostra casa e noi, nonostante noi…e quel verso così carnale che chiude la lirica …LA PUNTA DEL SENO SOSPESA DI MADRE CHE ALLATTA DISTESA LA TERRA…

E ancora IN PUNTA DI PIEDI, dove impera il silenzio, l’attenzione verso l’altro, la saggezza della sua terra, o come LAVANDA, che chissà perché le unisco in un unico corpo, che dipinge non più un uomo, ma un dono sceso dalle stelle e fa dire …COSI’ HO IMPARATO A PERCORRERE UN RICORDO, PERCHE’ MI DURI ETERNO.

Ma nel mondo di Katia non esistono solo bucoliche o oniriche visioni rassicuranti. In ORRORE OTTOBRE, tutto sembra sgretolarsi sotto la pressione di quasi un’assonanza fonetica, tutto diventa atemporale, ma presente nella sua pesante fisicità e rileggi quel verso …NON UGUALI, NON TANTO DIVERSI, UNITI DALLA PAZZIA DELLE ORE, SEPARATI DA UN ISTANTE D’ASSENZA…

Ma il momento di fermo è appunto solo un momento. La sua fede nella Natura le fa scrivere IL CORSO DELL’ACQUA, e lento, ma inarrestabile, nasce il dogma che nessuno può contestare …MA NON E’ BASTATO PER FAR SCORDARE ALL’ACQUA DOVE ANDARE.

E come non esserle accanto e annuire con lei leggendo E INVECE NO…solo cose belle da dire, da fare… E INVECE NO…

Per me queste sono state le pause che mi hanno fatto respirare altre arie…per voi saranno altre e con altre emozioni potrete ricordarle…perché ogni poesia è un profumo di gelsomino che ci arriva inaspettato e che ci fa pensare che la vita a volte vale la fatica di essere vissuta.

Grazie Katia di avermi voluto rendere partecipe di questa silloge.

 

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