Tu, simile ad Artemide cacciatrice,
attorniata dalle ninfee ancelle,
mentre esce, divina, luccicante,
dai lavacri della fonte e strizza lieve
l’aurea chioma,
e posa solenne ai rai del sole
e alle carezze dei pepli.
Tu, Artemide, mia dea irraggiungibile.
Se poi devo riconoscere in te
una comune mortale, degna sei comunque
della mano e dello scalpello di Prassitele,
che nel tuo modello ritrarrebbe una statuaria atleta,
di beltà pari a quella di una dea,
o di una danzatrice dalle morbide movenze
e dal profilo acheo.