Le luci del luna park

Strano addormentarsi all’alba e riaprire gli occhi che fuori tramonta. Succede in inverno, nelle giornate più corte; hai come una vertigine, il timore che sia tardi per qualche motivo, poi ti rendi conto che è solo sera, ma rimane quel senso di malessere nei polmoni e sbuffi come una caffettiera. Chi abbia mai lavorato di notte sa cosa voglio dire. Infatti, ecco! No, non faccio la guardia giurata, non sono in polizia, non lavoro in un fast-food sull’autostrada… lavoro in un pub: si apre alle 18, si chiude alle 3; tempo di ripulire i tavoli, spazzare, rovesciare le sedie, buttare l’immondizia, fare i conti, dividere le mance e a casa si torna per le 4 se va bene.
Il cuscino è qui tra le mie braccia, mentre mi sveglio. Meglio di niente, direte. Be’ sì, meglio di niente, anche se il letto è quello che è e si sta stretti addirittura così, col cuscino a mo’di amante. Oggi non si lavora. Riposo. Sul calendario, accanto al 7 di questo mese, c’è una R grande così, che a guardarla sembra più una P sbilenca col ricciolo di una assurda lingua di Menelik, quasi a voler fare una pernacchia ai giorni a seguire, allo scorrere del tempo ineluttabile.

La radiosveglia segna le 19:32. Tornato a casa alle 5 passate, sono andato su facebook prima di coricarmi, in barba alla stanchezza. Ore e ore a guardare le sue foto, a imprimere nella mente il suo viso, rinnovare in me la parvenza di ogni sua espressione, per addolcire il sonno e farne collirio di memorie. Accendo ora di nuovo il PC ma non aspetto che Windows si carichi; non ho pazienza, mi infilo nella doccia e so già che uscirò dai vapori del bagno volando, dimenticandomi del portatile che nel frattempo sarà caduto nel letargo dello standby. Mangerò qualcosa strada facendo; non prenderò l’autobus, andrò a piedi. So già dove. L’ho deciso in questo preciso istante, sentendo il getto d’acqua travolgermi, bollente.

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Camminando col gelato che ho comprato da BK mi rendo conto per la prima volta, guardandomi intorno, di quanto sia triste mangiare da soli in un luogo come questo, dove tutti sorridono e sono in coppia o in gruppo. Il luna park è un carosello di luci nel ventre di queste desolate periferie. La ruota panoramica gira scandendo il tempo, un orologio colossale e psichedelico, tondo come un’eclissi; è così grande che si vede dalla finestra della mia stanza e io passo minuti interi a fissarla nei momenti di malinconia. La cabina numero 4 è stata il luogo del nostro primo bacio. Ricordo. Noi due, soli. Chiudo gli occhi. Il nostro primo appuntamento… non mi sembrava vero! Mi sentivo come una caramella che si scioglie in bocca. La sua.

Invece ora mi sento come un chewing gum masticato a lungo, senza più alcun sapore, sputato in mezzo all’erba, tra siringhe e preservativi – tutta roba che non si decomporrà mai!

La fine di una storia può essere l’inizio di una lunga riflessione ma io rimango qui, a fare un altro giro sulla ruota, in orbita attorno al mio abbandono.

Marco Mazzanti

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