L’Assoluto Perfetto di Ninnj Di Stefano Busà

a cura di Carmelo Mezzasalma

 

“Ancora mistero quello che scorre
ignoto, oltre la Tua dèbacle.
Cerchiamo l’ala tra bordure
aspre di rovi che concludono
la corsa nel fossato.
Benedici la mensa dei poveri,;
concedi il novilunio alla stagione
di erbe e tordi, immeritatamente
sciogli un po’ di miele al labbro.

Non un solo dettaglio si è umanizzato,
ci siamo scaldati e sfamati,
(indegnamente), abbiamo bevuto
il nettare divino. Ancora imperversa
il rovello che ci devasta.
Tu, dall’inestricabile assillo,
rinserra le promesse, dacci la fede.”
(pag. 59)

Questa poesia, tratta dal recentissimo libro di poesie. L’assoluto perfetto di Ninnj Di Stefano Busà, è un bellissimo esempio di come, ancora oggi, si possa far poesia religiosa senza cadere nel manierismo o nel sentimentalismo a buon mercato. Studiosa di Estetica e di Letteratura, Ninnj Di Stefano Busà (laureata in Lettere), è anche una poetessa finissima per questo suo linguaggio così fortemente intriso di umanità e al contempo di una rigorosa religiosità che le fa intravedere, con uno sguardo nuovo e partecipe, la crisi di civiltà del nostro tempo. La poesia esprime bene questa sete d’infinito che la creatura umana reca nel suo cuore, la tensione verso l’assoluto che la parola poetica inquadra e definisce nel semplice gesto quotidiano del pane sulla tavola – allusione all’Eucaristia – di quei poveri che vedono in Cristo Colui che può dare il senso del loro destino, pur in mezzo alle contraddizioni e lacerazioni della storia. Così, il felice incastro tra la bellezza delle immagini e l’anelito inesauribile verso l’assoluto, centrato sulla figura di Gesù, non dà affatto l’idea che la fede della poetessa significhi torpore o assopimento. Al contrario, la sua tensione spirituale non ritiene di sapere quale sia il suo destino – si noti il bellissimo verso: “ancora imperversa | il rovello che ci devasta” (pag. 59) – ma sa che Dio, e solamente Lui, ne ha la chiave. Da qui la tonalità accorata della poesia che si affaccia sul mistero della vita tesa al suo compimento, ma nella serenità di una preghiera che sa di essere accolta proprio in quello slancio dell’anima che vuole nutrirsi di assoluto e non di facili menzogne, come il mondo intorno a noi.

Così, Ninnj Di Stefano Busà non esita a porre la questione di Gesù Cristo anche all’interno della ricerca poetica. Diversamente da tanti poeti del nostro tempo, non lo lascia fuori dalla porta, ma chiede che Egli entri al centro di tutto come il volto più forte di tutte le idolatrie. Il volto umanissimo del “pane” che nutre silenziosamente la fede e la vita.

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