La poesia come messaggio inconscio.

 

La poesia, nella sua comune accezione, viene definita l’arte mediante la quale si trasmette un messaggio attraverso il significato semantico delle parole, unito alla musicalità e al ritmo impresso nelle frasi. Ma in questa definizione mi sembra manchi qualcosa. Non si accenna, infatti, all’utilizzo di immagini evocative con le quali lo scrittore di poesie spesso illustra i propri pensieri. Queste rappresentazioni immaginifiche del proprio sentire appartengono al mondo dell’inconscio, a quel linguaggio universale con cui la parte irrazionale del proprio ‘Io’ trasmette i suoi messaggi nascosti. Queste immagini vengono fuse in maniera simbiotica e indissolubile con i concetti espressi. Il concetto, di fatto, si trasforma in immagine, permettendo la trasposizione su carta di una visione, quella che ha nella mente il poeta quando scrive i suoi versi.

E se queste immagini fossero in qualche modo riconducibili a quelle che appaiono durante il sonno, alle  visioni oniriche, che vengono interpretate appunto come messaggi inconsci? Se il poeta avesse la capacità di trascrivere su carta in maniera quasi automatica e non ragionata degli stati di coscienza profonda, delle sensazioni rubate agli abissi dell’anima?

Allora si comprenderebbe a pieno la capacità di una poesia di scuotere nel profondo chi legge e di creare un filo diretto con l’interlocutore. E si spiegherebbe anche il motivo per cui, spesso, una poesia affiora alla superficie della ragione senza una causa apparente, all’improvviso, quasi avesse una vita propria, una sua propria esistenza sconosciuta, una sua dimora sul fondale del proprio essere.

Forse la forza della poesia risiede proprio nel luogo in cui viene al mondo, nel nucleo della propria interiorità.

 

Emanuela Arlotta.

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