Elena sollecita silenziosa
d’un violino le virginee dormienti
trecce, incuriosita dall’armoniosa
pace; curiosi scivolano i lenti
rosei delfini verso l’inascosa
grotta, quasi armoniosa a’ crini rossi;
discendenti come l’appropinquarsi
in un tramonto del solare sonno.
Mesci le parole su nivee pagine;
glorificati che li occhi screziati
volgonsi su di esse; fine come aghi
le dita scivolano sui silenzi
irrispettati, d’un riso presagi;
non ingannarla mai, l’Imperatrice
dell’illusione, dacché santità
di venerazione consacri il verbo.
Le nuvol notturne come le beate
sopracciglia giungono sovra un triste
immobile fanciullo, da’ silenzi
scolpito, pensieroso putto; tacita
ella dal veron lo mira, marmorea
la sua pelle come inviolate pagine
scritte sul volto del Nulla; susseguono
le ere, ma una sola certezza giace.
Un glauco oceano ed un cielo vermiglio
scherzan sul peplo divino, lodato
affresco pur l’ombra del sopracciglio;
l’occhio che ver lei si muove avventato:
mille colori dolcemente ciglio
del sogno lo feriscono; si chiude
discendente come l’appropinquarsi
del sonno solare lo sguardo tacito.
di Giancarlo Petrella
La Morte del Tempo – Aletti editore.