Bolle di sapone

Il quindici ottobre festeggiamo sempre il compleanno di papà con torta alla panna e candeline azzurre, anche se è morto da cinque anni.

La sedia a capotavola è la sua, vuota, ma il suo piatto viene regolarmente riempito e svuotato ad ogni portata. E’ il primo ad essere servito, e  Marcello, seduto alla sua destra, gli versa regolarmente da bere. Il primo brindisi è per lui, il festeggiato, con un brevissimo discorso della mamma rivolta a quella sedia vuota con enfasi e dolcezza. Il quindici ottobre indossa sempre l’abito a fiori con i volant di pizzo rubato alla sua migliore amica sei anni fa. Quella povera donna, mansueta a tal punto da lasciarsi portare a spasso al guinzaglio, si è auto convinta di aver lasciato il sacchetto con l’abito nuovo sull’autobus. In effetti le pareva di averlo appeso nell’armadio ma, si sa, la memoria ad una certa età può giocare brutti scherzi, e far credere vero qualcosa che vero non è.

Le sedute per imparare l’arte suprema dell’auto convincimento e della trasformazione delle impressioni a cui si era sottoposta dopo l’accaduto, a cadenza settimanale per la durata di trentacinque cicli lunari, erano tenute da uno psichiatra che svolgeva il suo lavoro per missione e passione, come capita raramente al giorno d’oggi: trecentoquindici euro ogni seduta, la prima gratis, con acconto obbligatorio di novecento euro per le sedute del ciclo successivo.

Mentre la mamma quindi si rivolge a papà con immenso amore, in abito con i volant di pizzo e chignon anni cinquanta, tutti noi la guardiamo, seri, concentrati, le mani giunte al petto davanti ad una santa ancora vivente, l’ultima si dice, in ambiente parrocchiale.

Sappiate che ognuno di noi ha in camera un piccolo altare con la foto della mamma, un cero, un vaso sempre colmo di fiori freschi e tre caramelle alla menta come offerta rituale, le sue preferite. Lei ci ama d’un amore materno senza eguali, smisurato, completa dedizione alla famiglia e all’umanità, e quindi se lo merita. L’adoriamo a tal punto da prostrarci davanti alla sua foto per quarantacinque minuti esatti prima di ogni mezzanotte, tutti contemporaneamente per aumentare l’energia della preghiera, ma, nonostante ciò, non si decide a morire. Eppure accontenta sempre tutti, di solito.

Ma torniamo al compleanno di papà. Non so se papà viene a sedersi in spirito e risate proprio su quella sedia ma, probabilmente, da qualche angolo remoto del cosmo, guarda con gli amici questa assurda pantomima e si diverte. In vita stava agli scherzi, aveva sempre la battuta pronta, ed adorava i film comici, anche quelli veramente stupidi.

La mamma conclude il discorso raccomandando a papà di non bere troppo, che non regge l’alcool, e Marcello, di solito, prima di quella parte del discorso, si alza per andare in bagno e non sentire in seguito la coscienza sporca per non aver ubbidito. Meglio un defunto ubriaco che mostrare irriverenza nei confronti di quella santa donna. In fondo papà non avrebbe risentito più di tanto del consueto rimprovero a fine pranzo, e neppure di una sbronza.

Angela, la mia sorella più piccola, tredici anni, ha capito finalmente che il compleanno di papà è una cosa molto molto seria e quindi si è presentata anche quest’anno con jeans a vita ultra bassa e doppio piercing all’ombelico, e con due amici dark con cui fa sesso regolarmente da qualche mese. Da quest’anno anche lei ha contribuito al pacco dono per papà, con l’intero guadagno della vendita dei libri usati di seconda media, ottanta centesimi.

L’idea giusta è arrivata quasi subito grazie ad internet ma è stata scartata perché troppo banale: una escort rivestita di zucchero e ciliegine. Si è deciso poi per un’ oggetto indubbiamente molto più originale: un’ agenda per il duemilanove.

Il momento del dono e della torta è il più sentito. Papà in un modo o nell’altro spegne sempre le candeline e ringrazia, e tutti applaudono.

Quest’anno c’è stato però un imprevisto: un calabrone entrato dalla finestra socchiusa ha distolto l’attenzione dalla torta, creando momenti di panico alla Stephen King, ma evitando a papà l’imbarazzo di non risultare credibile.

Non so in effetti se sia stato il calabrone a produrre in noi l’uscita dall’ipnosi collettiva o semplicemente la mancanza d’argomenti e l’ora tarda ma, quando ha lasciato la stanza dalla stessa breccia d’ingresso, abbiamo avuto tutti un’idea univoca, andarcene dalla casa di mamma al più presto, prima della distribuzione delle liste personalizzate per i servizi giornalieri. In modo perfettamente sincronizzato abbiamo quindi sparecchiato e lavato i piatti, raccolto le briciole da terra, riassettato i cuscini sulla vecchia sedia a dondolo, portato gli avanzi al carlino tutto muscoli della vicina di pianerottolo e, di seguito, sempre perfettamente sincronizzati, abbiamo controllato che tutto fosse perfettamente in ordine: luci spente nelle camere ed in cucina, acqua tirata nel water, finestre chiuse e gas aperto, dal fornello più grande.

E’ stata l’ultima festa di compleanno di papà.

Da quel giorno abbiamo solo festeggiato i nostri figli, con tavolate di panini mignon al salame, palloncini colorati appesi ovunque e bolle di sapone dalla finestra. Quelle bolle spesso scendono in strada, piene dei colori del mondo, e portano allegria.

 

 

 

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