Amore senza confini.

 

Entrò un pò trafelato all’interno del negozio, chiuse il suo ombrello sgocciolante d’acqua e lo ripose nel porta-ombrelli proprio di fianco alla porta d’ingresso.

‘Che tempo!’ esclamò ad alta voce un pò scocciato, poi si morse le labbra, imbarazzato per aver alzato troppo il tono di voce.

Si voltò e sentì nell’aria quell’odore forte di carta mescolata all’ inchiostro e si rasserenò, si sentì a casa. Respirò le tante  vite racchiuse in quegli scrigni in bella mostra sugli scaffali, i milioni di personaggi rinchiusi nelle loro storie, e nelle teste di qualcuno che li aveva partoriti oppure solo vissuti leggendo. E li immaginò, di notte, uscire dalla carta come tanti fantasmi trasparenti, e fermarsi a mezz’aria a parlottare della loro storia, del loro mondo di appartenenza. E magari a discutere di chi mai li avesse potuti creare e perchè lo avesse fatto, e quale fosse lo scopo di tale creazione. Si perchè ciò che affascinava Davide era proprio capire ‘il momento’, l’attimo in cui l’immaginazione si concretizzava nella bramosìa di narrare, nella voglia di regalare la vita ad un’idea. Era come partecipare mentalmente ogni volta al big bang della creazione dell’autore,  un’esperienza ben al di là di qualsiasi altra vissuta nel quotidiano. Avrebbe voluto vivere anche lui, solo per un attimo, quella sensazione che invece poteva solo ricreare nella sua mente. Non essendo un artista si accontentava di cibarsi delle emozioni altrui, di quelle vite che gli venivano regalate da autori sconosciuti. Si crogiolava nei mondi immaginari che diventavano reali nell’istante in cui li scopriva tra le righe e che spesso rimanevano per sempre nella sua mente, come fossero dei ricordi lontani. Quelle persone inventate rimanevano al suo fianco e le loro emozioni, le loro sensazioni, diventavano le sue.

Si mise a sfogliare alcuni libri distrattamente, mentre vagava tra i suoi pensieri. Poi si soffermò su un classico del passato. Romeo e Giulietta di William Shakespeare. Quel libro lo aveva sempre attratto, ma l’idea di un finale così ingiusto, così sbagliato, gli faceva venire un pò di rabbia. Possibile che due famiglie erano talmente accecate dalla rivalità da non comprendere l’amore, la passione, quell’unione così profonda da sfidare il destino, lasciandolo annegare nella morte? No, era meglio riporlo. Sfogliò altri libri di scrittori a lui sconosciuti, lesse alcune pagine qua e là in cerca dell’ispirazione del momento. Ma non la trovò. Aveva troppi pensieri e  così decise di tornare l’indomani.

Fu proprio voltandosi verso il bancone della cassa che Davide si rese conto di aver visto un angelo. Aprì e chiuse gli occhi due, tre volte, prima di rendersi conto della bellezza che si svelava di fronte ai suoi occhi. Quella pelle color cioccolato adornata da alcuni riccioli scuri e lucidi che si posavano sbarazzini su quel viso dolce e malinconico. Sembrava un quadro dipinto dal cuore che quasi incantava nel disperato bisogno di continuare a guardarlo. La ragazza si accorse di essere osservata e abbassò lo sguardo, facendo finta di leggere qualcosa sul monitor. Davide continuava a fissarla senza pensieri, totalmente rapito da quella tenerezza selvatica che traspariva attraverso il trucco leggero.

Si avvicinò e le chiese il nome, senza rendersi conto di averla imbarazzata.

‘Sara, mi chiamo Sara’. Tornò a scrivere qualcosa sulla tastiera sperando che il suo interlocutore avesse concluso con le domande.

‘Ero qui che guardavo i libri e pensavo ai personaggi, poi mi sono voltato e ho visto la vita Vera attraversarmi lo sguardo. L’ho letta nei tuoi occhi e ne sono rimasto folgorato. E mi chiedo : da dove viene tutta la tua dolce malinconia, perché quel tuo sguardo sorridente e allegro si vela di nebbiosa tristezza?’

‘Io…non lo so. Le serve qualcosa, altrimenti avrei da fare….’ Disse Sara con durezza, cercando di allontanare quell’uomo così romantico da sembrare irreale.

Sara non si sentiva più all’altezza di amare da tempo e non vedeva più alcuna bellezza nel suo corpo che aveva dimenticato nel cassetto dei ricordi lontani. Lavorava e tornava a casa lasciando scorrere i giorni il più velocemente possibile, nella frenetica corsa verso la fine, verso l’arrivo, verso la morte.

Davide camminò lentamente intorno al bancone, voleva vedere quel suo angelo interamente e stringergli la mano per sentirne il calore. Ma la ragazza lo guardò terrorizzata, tese le mani in avanti come per evitare che Davide passasse al di là del tavolo. Ma lui era deciso, era impossibile fermarlo. Attraversò il lato del bancone e si fermò d’improvviso, scosso e meravigliato. Vide due ruote grandi, precisamente una sedia a rotelle, sulla quale Sara sembrava ancora più piccola e indifesa. Le sue gambe magre e inermi posavano su quel supporto come piccoli steli recisi. Davide la guardava cercando di incasellare i pensieri ora tutti alla rinfusa. Sara ora non alzava più lo sguardo e quasi le scendevano le lacrime dagli occhi di mandorla. Non riusciva a sopportare l’idea di quella delusione, che era convinta provasse ora quell’uomo che aveva creduto di trovare in lei una ragazza da conquistare e che, invece, di fronte, aveva solo un’inferma.

‘Sara, vuoi darmi la tua mano?’ Sara trasalì a quella strana richiesta. E si tirò indietro cercando di arrotolarsi come un cucciolo impaurito.

Davide la guardò dritta negli occhi e le prese la mano con delicatezza. L’avvicinò alle sue labbra, inchinandosi un po’ verso di lei. Sentì l’odore di quella fanciulla spaesata e ne sentì il calore della pelle.

Sara piangeva senza rendersene conto, aveva un fremito nel cuore che le toglieva il respiro. La vita stava tornando prepotente e stava distruggendo tutte le porte chiuse costruite nel tempo. Un attimo, solo un attimo d’amore per tornare a sperare.

‘Domani, Sara, alla chiusura del negozio, verrai con me. Ho intenzione di portarti a cena e di coprirti di fiori.’ Sara singhiozzava.

Sapeva che era tutto vero, che quel luogo di personaggi immaginari stava prendendo corpo e anima e vita. E tutt’intorno i fantasmi racchiusi nel libri danzavano e si tenevano per mano, inneggiando all’Amore. L’Amore che non ha limiti. L’Amore che non ha confini. L’Amore che fa nascere e rinascere senza mai morire.

Tutto è Vita. Sempre.

 

Emanuela Arlotta.

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